Cerca

I sensori radar utilizzabili per gli impianti di allarme sono commercializzati nelle forme e nei modelli più disparati, tuttavia posseggono alcune caratteristiche di base in comune che possono aiutarci nella scelta di questa periferica di allarme.

Possiamo distinguere i sensori radar in due grandi categorie, quelli per interno e quelli per esterno, i primi possono essere anche modelli molto semplici all’infrarosso passivo, infatti in ambienti interni, se i sensori sono installati nel modo corretto, non vi è la possibilità di falsi allarmi dovuti a variazioni termiche, correnti d’aria ecc, I circuiti radar per esterno invece posseggono una gestione elettronica più sofisticata al fine di compensare eventuali variazioni termiche ( ombre termiche) evitando cosi falsi allarmi. Una ulteriore caratteristica di questi sensori e di essere realizzati con un grado di protezione IP che li rende protetti da infiltrazioni di acqua e/o polveri.

Una ulteriore suddivisione del campo di fabbricazione si può fare dividendoli in ulteriori due categorie: i radar filari ed i radar via radio, tuttavia in questo articolo ci concentriamo soprattutto sull’interno di questi dispositivi tenendo conto che i sensori via radio, oltre a quanto descriveremo sono interfacciati ad un trasmettitore radio che dialoga con la centrale.

I sensori radar all’infrarosso per impianti di allarme possono essere all’infrarosso passivo semplice, oppure all’infrarosso passivo più microonde; i primi rilevano solamente la variazione di temperatura all’interno di un’area di controllo, ma abbiamo visto che in questo caso vi potrebbero essere generazioni di allarmi non appropriate, per ovviare a questo inconveniente sono stati creati i sensori radar detti a “doppia tecnologia”. Questi dispositivi contengono al loro interno due sensori: uno deputato alla rilevazione delle variazioni di temperatura ( infrarosso) ed un secondo sensore emette e riceve microonde allo scopo di valutare eventuali variazioni di volume all’interno dell’area protetta. Per generare un allarme quindi è necessario che contemporaneamente si generino nell’area sottoposta a controllo, sia una variazione di volume che una variazione di mappa termica; una sola delle due situazioni non genera eventi di allarme.

Tutti i modelli posseggono di solito allarmi antimanomissione, il più comune è il tipico switch antiapertura, ma su alcuni prodotti sono presenti funzioni più evolute, una di queste è detta “antimask” ( antimascheramento). Questa funzione evità che il radar possa essere spruzzato di vernice o comunque coperto ,specialmente mentre l’allarme non è attivo per poi ritrovarlo cieco ad allarme attivato, vediamo come funziona questo sistema: Il radar ha al suo interno un ulteriore emettitore e ricevitore di frequenze infrarosse, il ricevitore è tarato per una determinata soglia massima, appare chiaro che fino a che il raggio infrarosso emesso può uscire liberamente dal sensore, al suo interno la concentrazione rimane bassa, ma non appena lo stesso viene coperto, questo fascio infrarosso supplementare generato dal sensore torna indietro facendo aumentare la concentrazione internamente al radar che, che il ricevitore supplementare rileva attivando l’allarme antimanomissione.

Particolare attenzione nella scelta di questi tipi di radar è la zona di copertura e la relativa sensibilità ( che può anche essere variata) che devono essere scelti in base alle precise esigenze di installazione del sensore.

I collegamenti più comuni nella morsettiera interna sono solitamente:

2 fili di alimentazione ( prelevata dalla centrale), 2 fili del contatto antimanomissione, e due contatti, normalmente aperto e normalmente chiuso rispetto ad una contatto comune. I modelli via radio posseggono invece una batteria interna che garantisce una alimentazione autonoma.